RIFORMIAMO LE PENSIONI

Partendo dal presupposto che i contributi pensionistici sono un risparmio forzato dei lavoratori perciò soldi dei lavoratori, le cui leggi e commenti dei mass-media fanno credere che sia lo stato a erogare la Pensione, credo che sia opportuno partire da una breve storia delle Pensioni in Italia e per comprendere la ns. proposta di riforma

BREVE STORIA DELLE PENSIONI IN ITALIA

Nato oltre cento anni fa allo scopo di garantire i lavoratori dai rischi di invalidità, vecchiaia e morte, l’Istituto ha assunto nel tempo un ruolo di crescente importanza, fino a diventare il pilastro del sistema nazionale del welfare.

Nel 1861 fu istituita la Cassa invalidità per la gente di mare, il cui finanziamento però era interamente a carico degli equipaggi, senza alcuna partecipazione degli armatori.

Nel 1883 venne, istituita la Cassa Nazionale di Assicurazioni per gli infortuni sul lavoro, per offrire ai datori di lavoro la possibilità di assicurare al minor costo i propri lavoratori; l’assicurazione però rimaneva facoltativa. Nel 1933 la Cassa Nazionale Infortuni assunse il nome di INAIL (Istituto Nazionale per le Assicurazioni Contro gli Infortuni) che tuttora mantiene.

Nel 1985 il primo sistema previdenziale italiano in assoluto.                                 In quest’anno risale la prima raccolta organica delle disposizioni sulle pensioni del personale statale: è il Testo Unico del Regio Decreto 21 febbraio 1895, n. 70, riordinato in seguito nel Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092. Prima, negli anni immediatamente all’unità d’Italia (1864 – 1865), il Regno D’Italia aveva recepito la legislazione piemontese sulle pensioni ai dipendenti civili e militari, dello Stato.

Nel 1898 con la legge n. 80 del 17 marzo 1898 l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro degli operai occupati presso terzi nell’industria da facoltativa divenne obbligatoria, con contributi a totale carico del datore di lavoro. Nel 1917 la tutela contro gli infortuni sul lavoro fu estesa anche al settore agricolo

Nel 1898 la previdenza sociale muove i primi passi con la fondazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Si tratta di un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori.

Nel 1919, dopo circa un ventennio di attività, l’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia diventa obbligatoria e interessa 12 milioni di lavoratori. È il primo passo verso un sistema che intende proteggere il lavoratore da tutti gli eventi che possono intaccare il reddito individuale e familiare.

Nel 1933 la CNAS assume la denominazione di Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma che, dal 1943, diviene definitivamente Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Nel 1939 sono istituite le assicurazioni contro la disoccupazione e la tubercolosi e vengono istituiti gli assegni familiari. Vengono altresì istituite le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o a orario ridotto. Il limite di età per il conseguimento della pensione di vecchiaia viene ridotto a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne; viene istituita la pensione di reversibilità a favore dei superstiti dell’assicurato e del pensionato.

Nel 1952, superato il periodo post-bellico, viene introdotta la legge che riordina la materia previdenziale: nasce il trattamento minimo di pensione.

Nel periodo 1957-1966 vengono costituite tre distinte Casse, una per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, una per gli artigiani e una per i commercianti.

Nel periodo 1968-1969 il sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni percepite, sostituisce quello contributivo nel calcolo delle pensioni. Nasce la pensione sociale. Viene cioè riconosciuto ai cittadini bisognosi che hanno compiuto 65 anni di età una pensione che soddisfi i primi bisogni vitali. Vengono predisposte misure straordinarie di tutela dei lavoratori (Cassa Integrazione Guadagni straordinaria e pensionamenti anticipati) e per la produzione (contribuzioni ridotte e esoneri contributivi).

Nel 1980 viene istituito il Sistema Sanitario Nazionale. Sono affidati all’INPS la riscossione dei contributi di malattia e il pagamento delle relative indennità, compiti assolti in precedenza da altri enti.

Nel 1984 il legislatore riforma la disciplina dell’invalidità, collegando la concessione della prestazione non più alla riduzione della capacità di guadagno, ma a quella di lavoro.

Nel 1989 entra in vigore la legge di ristrutturazione dell’INPS, che rappresenta un momento di particolare importanza nel processo di trasformazione dell’Ente in una moderna azienda di servizi.

Nel 1990 viene attuata la riforma del sistema pensionistico dei lavoratori autonomi. La nuova normativa, che ricalca per vari aspetti quella in vigore per i lavoratori dipendenti, lega il calcolo della prestazione al reddito annuo di impresa.

Nel 1992 l’età minima per la pensione di vecchiaia viene elevata a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne.

Nel 1993 viene introdotta in Italia la previdenza complementare, che si configura come un sistema volto ad affiancare la tutela pubblica con forme di assicurazione a capitalizzazione di tipo privatistico.

Nel 1995 viene emanata la legge di riforma del sistema pensionistico (legge Dini) che si basa su due principi fondamentali: il pensionamento flessibile in un’età compresa tra i 57 e 65 anni (uomini e donne); il sistema contributivo per il quale le pensioni sono calcolate sull’ammontare dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa.

Nel 1996 diviene operativa la gestione separata per i lavoratori parasubordinati (collaboratori coordinati e continuativi, professionisti e venditori porta a porta) che fino a quella data non avevano alcuna copertura previdenziale.

Nel 2003 è approvata la legge e il conseguente decreto legislativo che danno vita alla riforma del mercato del lavoro, ispirata alle idee e agli studi del professor Marco Biagi. Dal 1° gennaio, l’INPDAI (Istituto Nazionale Previdenza per i Dirigenti di Aziende Industriali) confluisce nell’INPS con il conseguente trasferimento all’Istituto di tutte le sue funzioni.

Nel 2004 con la Legge 243/2004, meglio nota come la Riforma Maroni, vengono introdotti: incentivi per i dipendenti del settore privato a restare nel mondo del lavoro, anche dopo aver maturato i requisiti di età e contributivi (versamento dei contributi in busta paga) innalzamento dei requisiti minimi “quote” per le pensioni di anzianità (35 anni di contribuzione e 60 anni di età; nel 2010, 61 anni; oppure 40 anni di contributi)                                                                        requisiti più elevati per le pensioni di vecchiaia nel sistema contributivo; 5 anni di contributi e 65 anni (uomini) 60 (donne)                                                             “silenzio assenso” per trasferimento del TFR ai fondi pensionistici complementari agevolazioni fiscali per sviluppare il secondo e terzo pilastro

Nel 2007 viene approvata una legge che modifica nuovamente i requisiti richiesti per l’accesso al trattamento pensionistico e le finestre di uscita dal lavoro. Tra i punti salienti della riforma la revisione automatica dei coefficienti di trasformazione che incidono sul calcolo della pensione e l’introduzione, a partire dal 2009, del cosiddetto “sistema delle quote” in base al quale il diritto alla pensione di anzianità si perfeziona al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l’età anagrafica minima richiesta e l’anzianità contributiva.

Nel 2009 una nuova legge di riforma dispone che i requisiti di età per ottenere la pensione vengano adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT. La diffusione del nuovo strumento dei buoni lavoro per il pagamento del lavoro occasionale accessorio e nuove norme e sinergie istituzionali rafforzano il ruolo dell’Istituto nel contrasto al lavoro nero e nel recupero dei crediti contributivi.

Nel 2010 vengono adottate ulteriori misure per stabilizzare il sistema pensionistico. Viene confermato e accelerato il meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e viene introdotta una finestra “mobile” per l’accesso alla pensione in sostituzione dei precedenti termini di decorrenza. Dal 31 maggio, l’IPOST (Istituto Postelegrafonici) viene soppresso e tutte le sue funzioni vengono trasferite all’INPS.

Nel 2011 vengono soppressi INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) ed ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) e viene disposto, al 31 marzo 2012, il trasferimento all’INPS di tutte le competenze dei due enti al fine di rendere più efficiente ed efficace il servizio pubblico, assicurando così ai cittadini un unico soggetto interlocutore per i servizi di assistenza e previdenza.

Nel 2011 con la riforma del Ministro Elsa Fornero, tuttora vigente si introduce     requisiti anagrafici e contributivi più elevati ed adeguati alla cosiddetta aspettativa di vita calcolo, per tutti, della pensione con sistema contributivo         totalizzazione dei contributi                                                                                     blocco 2012 -2013 perequazione pensioni                                                            contributi di solidarietà                                                                                           aumento aliquote contributive autonomi                                                                 fusione enti previdenziali.

PROPOSTA DI RIFORMA DELLE PENSIONI

Il sistema pensionistico attualmente in vigore, concettualmente è figlio di un sistema e rapporti Industriali che per circa 60 anni è rimasto immutato, un lavoratore entrava in un’industria e vi rimaneva fino alla pensione o quando cambiava Azienda rimaneva sostanzialmente nello stesso settore merceologico.

Oggi con la mutazione dei rapporti Industriali e dei contratti con i lavoratori occorre urgentemente modificare tutto il sistema previdenziale, che assicuri una pensione adeguata alle nuove generazioni e i versamenti pensionistici non siano percepiti come un’ulteriore tassa.

Occorre per prima cosa suddividere il sistema Previdenziale da quello dell’Assistenza; abolizione dei oltre venti casse previdenziali e riportare tutto il sistema sotto l’INPS. Porre un tetto e una regolamentazione che non superi a mio avviso i 15.000,00 euro mensili, poi dai 9,001,00 ai 15.000,00 euro la rivalutazione deve avvenire ogni 5 anni con legge del Parlamento su indicazione dell’INPS.

Qualcuno potrebbe contestare che molti hanno dei versamenti molto elevati e che con le Leggi Attuali l’assegno pensionistico sarebbe più elevato, credo che dovremmo rivedere gli scaglioni di contributi: fino a € 350.00,00 annui la contribuzione deve corrispondere a quella del settore merceologico, da € 350.001,00 a € 500.000,00 deve essere del 15% come contributo di solidarietà, da € 500.001,00 a € 1.000.000,00 del 10% e oltre € 1.000.001,00 del 4%.

Dato che tutti quelli che producono devono versare i contributi pensionistici, credo che deve essere ripristinato come reato penale l’evasione, che deve avere pene anche severe e certe, ponendo come base per un‘ evasione di 10.000,00 euro tre anni di carcerazione e in rapporto in aumento o in diminuzione alla cifra evasa, sotto i 1.500,00 euro verrà applicata una sanzione pecuniaria di interessi di mora, inoltre il reato deve essere considerato come causa di lavoro non appellabile, giudicato da un collegio di tre o cinque Giudici, il reato non ha prescrizione e in caso di decesso del contribuente l’onere passa agli eredi.

Ponendo il lavoratore al centro del Sistema Pensionistico viene creato il conto personale dei versamenti, per ognuno. Le somme versate vengono rivalutate ogni anno del 100% del valore dell’inflazione, per accedere alla pensione si pone come base 90, cioè 60 anni di età più aspettativa di vita, la somma totale del conto viene divisa per trenta e erogata in 12 mensilità all’ 80%, quello che rimane sul conto continua a rivalutarsi; il lavoratore ha la scelta di andare in pensione oltre i 60 anni o anticiparla, in questo caso verrà divisa dalla differenza con quota 90.

Le somme versate per avere la rivalutazione sono garantite dallo Stato con i Titoli di Stato ( BOT, CCT, ecc.) che vengono acquistati e gestiti direttamente dall’ INPS, senza passare per l’acquisto da Banche o Aste, il valore degli interessi viene dato dal mercato.

Alla morte del pensionato, la somma rimasta per il 35% viene versata agli eredi, quel che rimane viene incamerato dall’ INPS come fondo di solidarietà. In caso che vi siano figli minori, il 50% verrà versato al minore fino al raggiungimento del 18° anno di età, invece in caso di coniuge la quota di reversibilità sarà del 35%, se il coniuge ha un reddito inferiore a 3 volte la pensione minima, negli altri casi la reversibilità sarà del 15%.

Per accedere alla pensione occorre avere almeno 12 mesi di versamenti, dato che la somma erogata non permetterebbe di vivere, lo stato integra per la parte che serve per raggiungere la pensione minima (per avere la pensione minima occorre avere compiuto 67 anni di età). Per i lavoratori stranieri che lavorano qualche anno in Italia e poi si trasferiscono, devono fare apposita domanda, dopo i 60° di età per ricevere l’assegno pensionistico nel loro luogo di residenza.

Per tutti gli amministratori pubblici (Deputati, Senatori; Sindaci, ecc.) sul loro stipendio o emolumento viene applicata un’aliquota del 15%.

Per accedere all’assegno pensionistico occorre interrompere qualsiasi attività lavorativa, nel caso che dopo l’interruzione del lavoro capiti l’occasione di prestazioni professionali, devono passare almeno 24 mesi dall’interruzione del lavoro, nel caso che il tempo sia inferiore viene congelato l’assegno pensionistico; i contributi versati con il nuovo lavoro vanno in un conto separato che verrà sbloccato dopo 5 anni di interruzione da ogni attività lavorativa e ricongiunto al conto principale.                                                                               Dato che questo sistema applicato immediatamente porterebbe a uno squilibrio dei Conti dello Stato La Riforma deve avvenire nell’arco di 10 ÷ 15 anni, partendo dai nuovi assunti dall’Anno 2008 fino all’anno della sua entrata in vigore.

RIFORMIAMO LE PENSIONIultima modifica: 2018-07-05T11:55:59+02:00da madalo51
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